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Opere

Ritratto dell'attore Chenard in abiti da sanculotto

Dimensioni: 33,5 x 22,5 cm

Data: 1792

Tecnica: Olio su tela

Collocazione

Musée Carnavalet @ Parigi

Autore

Louis-Léopold Boilly (La Bassée 1761 - Parigi 1845)

Soggetti

CarmagnolaCarmagnola
Giacca a falde corte, di taglio diritto, importata a Parigi nel diciottesimo secolo dagli emigranti piemontesi e divenuta in seguito (dopo essere stata indossata dai federali marsigliesi allorché entrarono a Parigi nel 1792) l’emblema dell’uguaglianza. 

, CalzoniCalzoni
Derivano dalle bracae dei barbari e hanno avuto fogge diversissime. Nei secoli XVII e XVIII scendevano sino al ginocchio, fermati da un cinturino spesso ornato da coccarde, fibbie o preziosi bottoni.
, CappelloCappello
Copricapo fornito di tesa, composto dal cucuzzolo (la parte più alta della calotta), la calotta (parte centrale, in corrispondenza del capo), che può aderire o esser sollevata rispetto alla testa, e la falda o tesa, ovvero la parte che sporge alla base della calotta.
, ZoccoliZoccoli
Calzatura con suola solitamente in legno e tomaia anch'essa realizzata in legno oppure pelle, cuoio o tela.

Descrizione

L’uomo ritratto nel dipinto indossa la tipica divisa del sanculotto, dichiaratamente ideologica e legata alla politica giacobina e montagnarda, che comprende i pantaloni lunghi e informi, la carmagnola degli operai, gli zoccoli dei contadini e la pipa. Al collo porta una striscia di stoffa annodata e sulla testa un cappello nero su cui è appuntata la coccarda tricolore. Per tutti gli anni della Rivoluzione la foggia vestimentaria di base venne rivisitata in ragione del nuovo significato sociale che doveva comunicare. L'egualitarismo non assunse la forma di un'ascesa sociale bensì di un livellamento al basso e la trasformazione fu in particolar modo evidente nell'abbigliamento maschile. Nella fase più radicale della Rivoluzione le "divise" dei lavoratori offrirono gli strumenti per inventare le nuove uniformi civili.

Fonte: Enrica Morini, Storia della moda. XVIII-XX secolo, Milano 2000, pp. 35-36.
Elisabetta De Toni