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Opere

Ritratto di un personaggio di casa Mosca

Dimensioni: 87 x 66 cm

Data: 1565

Tecnica: Olio su tela

Collocazione

Rijksmuseum @ Amsterdam

Autore

Giovanni Battista Moroni (Albino 1525 circa - luogo sconosciuto 1578 circa)

Soggetti

Farsetto (giubbetto, zupone)Farsetto (giubbetto, zupone)
Indumento principale, spesso imbottito, portato sopra la camicia e sotto il giuppone.
, CamiciaCamicia
Nel latino tardo il termine camisia indicava un indumento aderente tanto da lasciare scioltezza nel movimento sia che si trattasse di corsa o di combattimento, indossato da uomini e donne. Per secoli la camicia è stata l'unico indumento intimo delle donne, in origine in lino, tagliata a forma di T, con lunghe maniche. Nella seconda metà del XV secolo, ampliandosi gli scolli degli abiti, sempre più in vista, sarà ornata da ricchi ricami. L'impiego come capo intimo scompare nel XX secolo quando le donne cominciano ad indossare la corsetteria a pelle.  
, CinturaCintura
Striscia morbida e flessibile per avvolgere o stringere le vesti all'altezza della vita (ma da porre anche sui fianchi o sotto al seno) o per sostenere oggetti al fianco, come spada, sciabola, ecc. Composta in materiali vari come stoffa, cuoio e metallo.
, LattughineLattughine
Increspature di mussola o trina in vari modelli, che decoravano il collo e i polsi.

Descrizione

Troviamo qui rappresentata la tipica immagine del gentiluomo della seconda metà del secolo. Il farsetto, molto aderente e accollato, dona autorevolezza all’effigiato. Il volto, caratterizzato da capelli molto corti e barba curata, è incorniciato da una piccola lattuga bianca, che unita ai polsini della camicia, crea un contrasto tonale con il colore nero dell’abito. La mano sinistra regge una carta, mentre la destra è appoggiata alla sottile cintura che si intravede in vita.   

Fonti: M. Gregori, Giovan Battista Moroni, in I Pittori Bergamaschi dal XIII al XIX secolo. Il Cinquecento III, Bergamo 1979, pp. 223-224; G. Mafai, Storia del costume dall’età romana al Settecento, Milano 2011, p. 278.
Alina Gherardi